Note di un alpinista di mezza età
di Stefano Lovison
Colin Kirkus, uno dei miei eroi verticali, uno del 1930, aveva scritto che una volta che sei climber… sei un climber per sempre; e penso che questo sia vero per la maggior parte di noi. Persino se lasci perdere, se molli per sempre, il climber rimane dentro di te e ci sono sempre possibilità che tu possa tornare indietro. In più, man mano che invecchi, ti rendi conto sempre meglio del gran valore che ha la vita da climber e credo, che se hai fortuna di essere in salute, sia un peccato non usarla.
Ben Moon
Cosa sto pensando? Che sono pieno di acciacchi da non riuscire a portare le borse della spesa e sono bolso.
Vi ricordate l’addio di Buzzati alle sue Dolomiti? Mica così retorico e solenne ma io ci penso sempre più spesso, cioè di non aver più tanto da dire e fare su per le montagne, almeno nei modi che per tanti anni ho ritenuto così importanti. E di tutte quelle corse lungo i sentieri, le notti passate e i bivacchi, le cime, la tanta neve e le arrampicate, è come se non fosse rimasto nulla o molto poco.
Certo ricordo bene l’atmosfera, il profumo dell’aria leggera nelle narici la mattina presto e anche il sapore amaro in bocca per lo sforzo e la paura; ma la gioia e il senso di libertà che sicuramente ho provato in quei giorni, quelli no, come evaporati. Ed è strano, per tutto quello che ci ho investito in tempo, i tanti libri, l’energia, il denaro speso in attrezzature. E pur ricordo bene com’è nata la passione, per quel sapore particolare di libertà, quando nello scegliersi ogni volta un nuovo paesaggio o un itinerario tutto mi sembrava, anzi, era avventura.
Probabilmente si tratta solo del giro della vita, per cui quando qualcosa finisce lascia spazio a qualcos’altro. Ed è bello che sia così e quindi non sono proprio triste, forse un po’ sorpreso che il passaggio di livello sia arrivato in questo modo. Mi sembra di tornare alle mie inclinazioni giovanili, un po’ da orso e da perdigiorno, fare le cose che mi piacciono trovando l’entusiasmo senza bisogno di relazioni o delle idee degli altri.
E così penso che mi piacerà fare le cose a modo mio, senza affanno e sempre più piano, fino a quando sarò molto più vecchio.
Così spero
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testo e foto dell’autore
© Alpine Sketches 2015
Se potessimo fermare il tempo, costruiremmo una montagna di desideri. Ma lo scorrere dei nostri passi ha fatto sì che questi desideri siano stati in parte realizzati, o hanno modificato il nostro obiettivo: e così la verticale del nostro sguardo sui monti si è allungata verso l’orizzonte. Sempre più lontano, sempre più colorata: scavalcare è diventato scoprire, i pensieri sono diventati certezze, la compagnia ha lasciato spazio all’introspezione.
Trasformazione, caro Stefano, inevitabile, bella, ineluttabile, come la vita; e se il sentiero diventa più lungo, godiamo appieno di questi momenti verso quella libertà che non ci ha mai fermato, neanche quando stanchi ci godiamo il suo panoramico orizzonte.
Difficile che una passione montana si possa spegnere, io ci ho provato a non alzare più lo sguardo passando sotto una parete: non mi è mai riuscito….
Stefano….L’orso perdigiorno vien bene – anzi meglio – quassù!! 🙂
a 38 anni di cui 12 passati a “collezionare” vie difficili, mi ritrovo pienamente in questo scritto. Ripenso al passato e mi vedo, ansimante e sudato, menare su per un ghiaione, a raggiungere rabbiosamente l’agognato attacco…ho ben chiaro qual’erano gli stimoli alla base, e ben ricordo qual genere di soddisfazione e realizzazione riuscissi a ricavare. Solo, questi ultimi si son fatti più distanti, li osservo senza volerli afferrare. E devo dire che il processo è stato anche abbastanza rapido, sì da farmi anche soffermare più volte, oggi, quasi a voler metabolizzare meglio un boccone che, inghiottito troppo in fretta, è arrivato allo stomaco dopo averlo masticato solo in parte. Non che abbia smesso di arrampicare, è cambiato totalmente il “come” lo faccio, e questo nuovo modo mi gratifica pur nella sua lentezza e leggerezza.
Come il meraviglioso mutare delle stagioni…è un tema bellissimo e meriterebbe ben più di un libro, dopo le montagne di carta (sprecata) inzuppate della retorica della cima conquistata a prezzo delle più incredibili sofferenze…grazie Stefano