Brenva’79

“On a trip to cirrus minor, saw a crater in the sun
A thousand miles of moonlight later”.
Cirrus Minor, Pink Floyd

Estate 1979,

Monte Bianco.

Due luci si muovono dal bivacco Ghiglione.

Il tintinnìo dei chiodi da ghiaccio e lo scricchiolare dei ramponi sulla neve dura sono rumori che si perdono ovattati nel fondo del ghiacciaio della Brenva.

Gianni Comino e Giancarlo Grassi, due fuoriclasse dell’alpinismo, si stanno dirigendo verso il seracco della Poire.

Non c’è dialogo fra loro se non qualche cenno. Fa freddo – loro sono lì per questo, tutto quel ghiaccio verticale è tenuto fermo anche per questo – ed è buio, buio pesto.

Poche le parole, niente immagini, scarne le relazioni: un alpinismo essenziale.

Ma il tracciato ancora una volta sarà una via nuova. Che per noi è invisibile perché impossibile ma che ai loro occhi appare invece come una linea evidente che si dipana logica attraverso l’enorme parete scura.

Dal tramonto all’alba dentro un mondo di ghiacci, ore che ci verranno consegnate senza una narrazione precisa o una trama; una visione di avanguardia sì ma nella tradizione più classica dell’alpinismo di esplorazione, quando il tempo era occupato dal fare o dalla paura e dalla fame, non certo usato per esibire resoconti.

E poi c’è un fatto nuovo e moderno: l’esplorazione interiore nelle parole di Giancarlo Grassi.

 

 

Questa storia partecipa al Blogger Contest 2020

Testo, idea e illustrazioni di Stefano Lovison

AlpineSketches@2020