IT CAN’T RAIN ALL THE TIME

di Stefano Lovison

Non fossero già dissestati dalle frane e dalla crisi economica, si viene accolti dalla tristezza a girare per i paesi di montagna nel pieno di un’estate piovosa e grigia. Due dispiaceri in particolare sembrano fatti apposta per darsi la mano anche se apparentemente non sembra.

A farla breve, un gran dispiacere me lo danno le seconde case. Soprattutto quando sono chiuse, disabitate, addirittura mai vissute, con i balconi sbarrati come orbi. Perché è così, sta nell’ordine delle cose che siano chiuse quando i padroni lo vogliono o per chissà quale altro serissimo motivo non deve interessarmi, anch’esso molto privato. Sarebbe ancora più triste pensare al concetto di montagna usata come bene privato ma mi fermo. Mi basta pensare a quegli enormi nuclei nidificati di appartamentini o ai moderni condomini trasferiti in quota, che altro non sono la replica delle peggiori usanze urbanistiche e delle brutture già viste nelle città. Fa ancora più male veder tutti quei cartelli con scritto vendesi.

L’altra malinconia mi arriva dalla montagna dei vecchi. Non che questo mi generi dispiacere di per sé. Sono stagionato al punto di pensare che nei prossimi anni a venire potrei essere uno di quei signori che si radunano davanti alla tv ad aspettare che il tempo passi anche se è sempre troppo presto, o a giocare a carte e poi a ballare appena dopo cena. Forse la malinconia sta nel vederli così tanti e tutti insieme. Del resto l’età è quella da essere in genere vedovi e quasi sempre acciaccati, da poter solamente salire ad una quota che assicuri frescura ma che non tolga il fiato e sballi la pressione. Il cerchio delle scelte quindi si restringe a pochi centri climatici e a qualche centro termale. La crisi fa il resto già che ha fatto chiudere una miriade di alberghi e pensioni.

Da questa mestizia mi sono fatto una promessa: quella di ritornare più spesso negli alberghi per una vacanza un po’ più lunga. E non nei centri turistici alla moda ma in quelle località che famose lo sono meno e adesso sono un poco decadute. Molti degli hotel che ora stanno per chiudere in queste cittadine che erano in voga cent’anni fa, quando ci si arrivava in treno o col torpedone, sono luoghi ancora molto attraenti con un appeal particolare e il ricordo di architetture magnifiche. La carta del ristorante riserva cose buone e specialità locali assolutamente per la tasca di chiunque. Secondo me non aspettano altro che vedere clienti gentili da trattare con gentilezza. E non badate se non saranno provvisti di spa e di altri optional insulsi.

E ci sarà naturalmente la compagnia degli anziani. Una signora affabile mi racconta che prima della costruzione di quell’orrido condominio, dal balcone della sua camera si vedeva la Marmolada; poi mi sussurra in un orecchio: “Da quando è morto mio marito l’appartamentino che avevamo l’ho venduto.  Sa, con le sole tasse annuali che spendevo prima mi posso permettere una vacanza nelle migliori località delle alpi,  servita e riverita e non ho più rogne e con le spese condominiali ordinarie e straordinarie faccio la signora per una seconda vacanza nel periodo pasquale”.

La montagna è di chi la vive e la aiuta a vivere e non di chi ci specula o della gente di passaggio che manco saluta o di chi, peggio, dopo aver consultato come un forsennato migliaia di recensioni in tripadvisor, arriva già arrabbiato.

Forza montagna, dai che arriva l’anticiclone.

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© AlpineSketches 2015