Io e la montagna: sette fotografi si raccontano

di Andrea Gasparotto

Doldenhorn Ridge di Bradford Washburn

Doldenhorn di Bradford Washburn

 

“Valli e vette nell’era della foto digitale”

La montagna e la fotografia sono legate indissolubilmente fin dalla nascita di quest’ultima. Fin dalle prime immagini di fine ‘800, spesso popolate di personaggi che affrontavano salite e ghiacciai con abbigliamento e attrezzature improbabili, fu chiaro che si apriva un mondo grazie alla possibilità di riprodurre fedelmente quegli ambienti di sublime bellezza e le persone che vi si muovevano, senza bisogno di un pittore e delle sue tele. Da quando poi la fotografia è diventata strumento alla portata di tutti, non c’è chi, dal semplice escursionista fino all’alpinista estremo, non abbia provato il desiderio di riportare a casa con sé le immagini delle cime che lo circondavano e degli uomini impegnati a salirne e scenderne i fianchi. Tutti abbiamo sicuramente negli occhi la potenza delle immagini catturate dagli alpinisti sulle montagne più alte, più belle e spesso più remote del mondo, ma anche da semplici escursionisti sulle vette di casa – non dimentichiamo che le Alpi sono tra le montagne più belle della terra!

Il paesaggio montano è stato ritratto in maniera sublime da veri maestri della fotografia, partendo da Vittorio Sella e dalle sue foto delle Alpi e del Karakoram al seguito delle spedizioni del Duca degli Abruzzi, e continuando con gli indimenticabili bianchi e neri di Ansel Adams sulle Montagne Rocciose ( con quelli della Yosemite Valley su tutti), per arrivare alle splendide immagini a colori di Galen Rowell sulle più belle montagne himalayane e americane. Anche nel filone di foto più commerciali o “sociali” nomi come quelli dei fratelli Pedrotti in Trentino o della famiglia di fotografi cortinesi Ghedina hanno contribuito a costruire un’immagine collettiva delle nostre montagne e del loro paesaggio.

Ma veniamo all’oggi, alla fotografia di montagna dopo la rivoluzione digitale. È indubitabile che le nuove tecnologie abbiano reso più “facile” e accessibile a tutti il mondo della fotografia, e che apparecchi sempre più piccoli e leggeri, abbiano permesso a chiunque di scattare immagini di buona o ottima qualità durante una salita alpinistica o un’escursione; noi però non vogliamo parlare di questa fotografia “documentativa”, né di quella “sportiva” che pure fornisce ottime immagini di alpinisti impegnati nel gesto tecnico-atletico. Vogliamo piuttosto parlare della vera e propria fotografia di paesaggio, in cui il fotografo cerca di restituire, mediata attraverso la sua sensibilità, la bellezza dell’ambiente che lo circonda e le sensazioni che in lui questo ambiente risveglia. Nell’era digitale la foto di paesaggio è diventata molto popolare fra i fotoamatori, e i siti internet pullulano di fotografie, spesso di ottima qualità tecnica, di splendidi paesaggi, non solo montani, ritratti nelle più belle condizioni di luce e ricercando spesso effetti spettacolari e colori estremamente accattivanti, ottenuti sia con una buona tecnica di scatto che con successivi trattamenti del file digitale con programmi di grafica, Photoshop in primis.

Il fotografo di paesaggio si muove spesso con attrezzature pesanti, inclusi cavalletto, obiettivi vari, filtri, studia accuratamente le inquadrature e i luoghi, ricerca gli orari e le situazioni in cui la luce offre il meglio per ottenere una foto di forte impatto emotivo. Trasferito nell’ambiente montano, questo approccio “estetizzante” produce indubbiamente foto di ottima qualità e di sicura “attrattività” per chi le osserva, e in effetti è facile vedere molti di questi scatti su qualcuno dei tanti siti di condivisione, presentati come il massimo dell’espressione artistica e conditi da schiere di commenti entusiasti.

Ci sono però a nostro parere almeno due aspetti “negativi” importanti che ci preme mettere in luce. Il primo è una standardizzazione del tipo di fotografia: dopo un po’ che le guardi, queste foto sono tutte simili tra loro, le inquadrature si ripetono (la classica foto con grandangolo, montagna di sfondo, laghetto con riflesso in primo piano, per fare un esempio), i colori sono bellissimi ma alla lunga “stucchevoli”, la montagna assume contorni quasi irreali ma dall’immagine traspare poco dell’idea e della personalità del fotografo, insomma si producono immagini indubbiamente belle ma che poco dicono dal punto di vista del “racconto” fotografico, dell’introspezione e della rappresentazione di qualcosa di diverso dal puro canone di bellezza estetica. Il secondo aspetto riguarda i soggetti, le cosiddette “location” delle foto, che tendono anch’essi a essere standardizzati, con un curioso effetto: delle centinaia e centinaia di picchi e valli dolomitici meritevoli di essere rappresentati “sopravvivono” solo 4-5 posti famosi (Tre Cime di Lavaredo, Cimon della Pala, Lago di Carezza e pochi altri) di cui si vedono centinaia e centinaia di foto, alla fine bene o male tutte uguali.

La nostra idea invece è che la fotografia di montagna, per essere interessante, debba rappresentare soprattutto la visione e il legame con i monti di chi in montagna ci va, da alpinista o da escursionista, e ne restituisca un’immagine personale e meditata, che non sia la semplice rappresentazione della bellezza dei luoghi, ma che faccia trasparire l’intensità delle emozioni e delle sensazioni che vive il fotografo nel momento in cui sale verso una cima, percorre una vallata, si inoltra in un bosco al calar della sera, trascorre un bivacco all’addiaccio, si inoltra nell’ambiente incontaminato della montagna invernale.

È con questa idea che vi proponiamo una personalissima scelta di fotografi e delle loro opere, basata sul fatto che questi, oltre a essere amici di più o meno lunga data, sono veri appassionati della montagna nelle sue varie forme, e in grado di interpretare e rappresentare questo forte legame attraverso immagini intense e personali, in cui ciascuno di loro trasmette una sua visione particolare e diversa da quella di tutti gli altri. Sono tutti, tranne forse uno, fotografi non professionali, che però per attrezzature e sopratutto qualità delle immagini non hanno nulla da invidiare ai più affermati professionisti. Di ciascuno di essi presenteremo alcune note biografiche e qualche breve spunto tecnico, per lasciare spazio alle immagini con una scelta – purtroppo limitata nel numero – che per ciascuno vuole essere un tentativo di presentare il loro personale modo di vivere e unire queste due grandi passioni. Sperando che ciò possa incuriosire i lettori e spingerli poi a cercare e apprezzare la loro più completa produzione nei siti internet, profili facebook e gli altri luoghi di riferimento che ciascuno ci ha segnalato.

I fotografi sono: Alberto Bregani, Edoardo Brotto, Paolo Colombera, Federico D’Ambros “Musashi”, Tommaso Forin, Davide Necchi e da ultimo il sottoscritto Andrea Gasparotto.

IL BIANCONERO È IL MIO COMPAGNO 

Alberto Bregani

Nell’era digitale c’è ancora qualcuno che fotografa la montagna con la pellicola? Sì, c’è, e si chiama Alberto Bregani!

Sentiamo cosa dice di sé Alberto:

“Sono un fotografo di paesaggi di Montagna. La mia infanzia, l’adolescenza, la maturità sono sempre state circondate da boschi, torrenti, cascate e cime innevate. Ho avuto la fortuna di crescere a Cortina d’Ampezzo. Fin dai miei primi anni di vita ho seguito passo passo mio padre, alpinista, scrittore e documentarista di montagna, per sentieri che mi parevano infiniti. La montagna è dentro di me; ci ho vissuto, la vivo tuttora, ne ho scritto, la racconto attraverso parole e fotografie. La montagna mi ha formato. Il mio destino fotografico non avrebbe potuto essere diverso. Per fotografare e raccontare l’anima di una montagna occorre un costante impegno, studio, applicazione e concentrazione. Fotografare il paesaggio significa andare oltre ciò che si vede: è stupire con nuove e originali angolazioni, riscoprendo in modo nuovo ciò che già si conosce; è tradurre in immagini le emozioni che attraversano il corpo a contatto con la roccia o il profumo del bosco o il salto di una cascata; è sottolinearlo con sfumature, drammatizzarlo quando serve con inquadrature potenti, renderlo suggestivo con toni morbidi. E il bianconero è il miglior compagno per esprimere tutto questo, la pellicola è la migliore filosofia, una macchina medio o grande formato è la migliore amica per questo grande viaggio dentro e fuori le Montagne.”

Alberto ha avuto diversi riconoscimenti anche internazionali, e ha appena pubblicato un bellissimo libro di foto in bianco e nero delle “sue” Dolomiti di Brenta. Utilizza un’articolata attrezzatura analogica, comprendente vari corpi in medio (6×6, Rolleiflex, Hasselblad) e anche grande formato (ShenHao, 10×12 cm!!), oltre a una Holga panoramica 6×12 modificata appositamente in USA con lente da grande formato Schneider Angulon 90/2.8 (http://bit.ly/holgapan) varie ottiche e filtri colorati, neutri e digradanti, da cui sceglie di volta in volta il sistema più adatto da portare in escursione, sempre con un discreto “bagaglio” al seguito!

 

White Morning

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White Morning

Tra le mie più conosciute questa foto la inserisco in una speciale categoria che chiamo “crederci sempre”. Se non ci avessi creduto infatti, quella mattina di gennaio a -10° questa foto non l’avrei mai vista stampata. Mi sono trovato in mezzo a un mix di neve e vento per una bella mezz’ora non vedendo quasi nulla se non alcuni alberi ogni tanto. Mentre pensavo a cosa fare ho avuto la felice intuizione di provare a fotografare questa specie di “white out” delineato solo da una delicata presenza di alberi secchi. Nel bianco piu totale ho piantato treppiedi e Hasselblad, ho esposto per quanto potessi, fuoco a infinito caricato il cavo di scatto e aspettato. Dopo circa 15 minuti la nebbia si è diradata quell’attimo per poter rivedere il soggetto e scattare, giusto prima che si coprisse nuovamente: mi e’ andata bene. ( Hasselblad 501c / – CF Planar 80/2,8 T*).

Sentiero Bogani

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Sentiero Bogani

Uno dei sentieri che amo di più nelle Dolomiti di Brenta: porta al rifugio Brentei, nel cuore di questo splendido Gruppo dolomitico. Punto di partenza di molte vie e ferrate. In questo caso il rifugio è alle mie spalle, sto rientrando a casa e in lontananza, sotto un cielo appena sconvolto da un temporale, si delinea la sagoma della Presanella, la cima più alta in terra trentina. La montagna regala sempre grandi opportunità per foto speciali. (Rolleiflex 3.5T con filtro arancio medio)

Dolomiti di Brenta

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Dolomiti di Brenta

“il cielo è una bella cosa oppure è una brutta cosa. Bella quando è brutto, brutta quando e bello. Che giochino eh? Questo per dire scherzosamente che nel bianconero un cielo sereno non ti dà mai una mano: l’azzurro pieno, senza nuvole diventa grigino, smorto, pallido. Quando inizia invece a coprirsi, a muoversi un po’, tutto diventa più facile. La luce ti aiuta, escono delle belle ombre, si aprono i dettagli. Questo cielo è un tipico modello “Gennaio” : passaggi alti di nuvole leggere che creano un immenso “bank” di luce che ti aiuta a non bruciare i bianchi, a non impastare i neri e a tirare fuori i mille grigi che ci stanno in mezzo. Se poi, come si fa prima di mangiare una bella carbonara, ci si gira sopra del pepe quanto basta – ovvero un filtro giallo medio – il tutto prende il giusto sapore. Et voilà il piatto è servito: “Dolomiti di Brenta, settore centrale” in salsa di ShenHao 4×5″, su un letto di Ilford fp4+, contorno di Rodenstock Sironar-N 150mm/5.6  e una spruzzatina di filtro arancio medio.

SOLO NELLA NOTTE, IN PACE

Edoardo Brotto

Edoardo è un giovane fotografo amatoriale vicentino, ma già piuttosto noto nell’ambiente della fotografia paesaggistica, una delle sue passioni a cui unisce l’amore per l’arte (è un pianista classico di notevole talento) e per la montagna. Edoardo ci racconta:

“La passione per la fotografia così come quella per la natura e la montagna, mi è stata trasmessa fin da piccolo da mio papà. Ho cominciato a fare escursioni e scalate in Dolomiti molto presto, e la grande voglia di immortalare gli splendidi paesaggi e atmosfere che avevo modo di ammirare, è sfociata nella fotografia. All’inizio scattavo solamente per passione e per fermare un ricordo senza badare troppo a tecnica e composizione, da qualche anno a questa parte invece è cresciuto il bisogno della qualità – a dispetto della quantità – della precisione e della ricerca della luce migliore. Amo in particolare la fotografia del paesaggio notturno, ad affascinarmi sono il silenzio, la pace, la tranquillità e la sola compagnia della natura. Mi distendo sul manto nevoso, guardo la volta celeste e raccolgo i pensieri, uno splendido modo di evadere dalla frenesia della vita di ogni giorno. Riguardo il mio modo di lavorare ho in mente le varie fotografie ideali che vorrei realizzare, studio con cura la luce, la location e i periodi migliori per fotografarla. Altre volte invece mi trovo davanti a condizioni inaspettate e le immortalo al meglio che posso, sul momento. Ciò che più conta per me è sensibilizzare le persone attraverso le mie fotografie al rispetto più totale della natura e dei suoi spazi, lasciando inalterata la sua bellezza al prossimo che ne vorrà godere.”

Edoardo utilizza un’attrezzatura Nikon, basata su un corpo full-frame che gli consente l’uso di sensibilità ISO elevate per le foto notturne e su un parco di ottiche zoom luminose (la cosiddetta “triade” 14-24, 24-70 e 70-200 ad apertura F/2.8) con cui copre le lunghezze focali dal grandangolo spinto al teleobiettivo.

“The Crown of the Dreams” rappresenta una panoramica della Via Lattea sull’Altipiano delle Pale di S.Martino.

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The Crown of the Dreams

La luce in basso a sinistra proviene dal Rifugio Rosetta. Una fotografia di questo tipo è risultato di grande sforzo e fatica, un migliaio di metri di dislivello con oltre venti chili di zaino, vari spostamenti per scegliere la location ideale, e un lavoro molto meticoloso sul campo – di composizione, studio della zona, e previsualizzazione mentale dell’immagine finale. La stanchezza che normalmente arriva durante la notte, di fronte a una tale bellezza della Natura scompare totalmente, fino a quando gli obiettivi fotografici non sono stati raggiunti… è in quel momento che tornare a valle (o in rifugio) diventa estremamente faticoso e spesso rischioso causa inevitabile calo di attenzione. Una fotografia di questo tipo non si realizza solo sul campo, è infatti necessario spendere anche del buon tempo in post-produzione al fine di allineare e montare i vari scatti nel modo migliore, cercando di mantenere l’orizzonte perfettamente dritto e non creare distorsioni del soggetto in primo piano, le vette in questo caso. Lo scatto è stato effettuato in agosto, nel periodo in cui la Via Lattea è più alta nel cielo. Ho utilizzato una Nikon D700 e un Nikkor 14-24mm f/2.8, scatto remoto e treppiede.

“Stormy Sunset”

Stormy Sunset

Stormy Sunset

Questo è un perfetto esempio di fotografia programmata minuziosamente nel dettaglio, studio della location, vari sopralluoghi, programmazione del periodo migliore per varietà di elementi, ricerca delle condizioni meteo estreme. “Stormy Sunset” rappresenta uno dei momenti più belli e affascinanti che si possono trovare in Dolomiti. Le condizioni della location erano interessanti: ultima neve con il laghetto in fase di sgelo, le condizioni meteo continuavano a variare con una rapidità impressionante. Appena prima del tramonto l’orizzonte si squarcia e fa spazio ai caldi raggi del sole che infuocano tutta la scena, una tempesta arrivava dalla Marmolada. Il fronte temporalesco creava un forte contrasto di luce e colori, il che è fantastico per la fotografia..un po’ meno piacevole per me che in seguito mi sono ritrovato sotto una copiosa grandinata con ovvie difficoltà di movimento. Per questo scatto ho studiato le proporzioni in base alla focale e la composizione per circa un’ora in modo da far combaciare al meglio tutti gli elementi presenti nella scena in relazione alla scarsa possibilità di movimento su un pendio nevoso privo di punti di fermo. Ho utilizzato una Nikon D700 e un Nikkor 24-70mm f/2.8, filtri Lee, polarizzatore, scatto remoto e treppiede.

“The Guardian of the Queen” è uno scatto che ho a lungo sognato di eseguire.

The Guardian of the Queen

The Guardian of the Queen

Le condizioni che ho trovato si possono tranquillamente definire perfette. Si tratta di un’alba di Marzo 2012, soffiava un vento con raffiche a 130km/h, era pressochè impossibile stare fermi e ancor più impossibile cambiare ottica. A parte questi svantaggi e la difficoltà pratica di fotografare, il vantaggio è stato la formazione di splendide nuvole lenticolari che baciate dai primi raggi di luce hanno dato vita ad un tripudio di colori e vita. In presenza di tali condizioni e di una luce stupenda scegliere cosa fotografare e cosa no diventa difficilissimo, il tempo materiale per farlo è pochissimo essendo la prima luce la migliore, ma repentina nel cambio di temperatura colore (nello specifico si raffredda). Proprio per questa ragione nei momenti antecedenti il sorgere del sole ho osservato con attenzione le condizioni del cielo in modo da fare una scelta a freddo senza il rischio di farmi condizionare poi dal classico “voglio fotografare tutto il prima possibile”. Scelta l’ottica definitiva, il Nikkor 24-70mm f/2.8, ho composto l’immagine in attesa della luce. Un’inquadratura a 70mm con due soggetti importanti posti ai terzi del lato lungo dell’immagine, la Marmolada e la Luna calante. Il resto l’ha fatto madre Natura dipingendo un vero e proprio quadro.

L’UOMO DELLE CIME E IL SUO GENEPY 

Paolo Colombera

Paolo è un giovane fotografo trevigiano, che potremmo definire “l’uomo delle cime”! È infatti dalle cime dolomitiche, anche le più impervie, raggiunte dopo lunghe e faticose salite, che Paolo ci propone i suoi scatti “dall’alba al tramonto”, frutto di scomode nottate trascorse all’addiaccio, spesso in solitudine, con la sola compagnia della sua ormai mitica fiaschetta di genepy!! Ecco cosa ci dice di sé Paolo:

“Ho iniziato a fotografare, e lo faccio tuttora, per fermare l’emozione che provavo nel trovarmi sulla cima di una montagna.

Ho constatato poi che all’alba o al tramonto le cime offrivano scenari unici. Anche l’isolamento e l’integrità del paesaggio hanno costituito aspetti irrinunciabili delle immagini che intendevo ritrarre.

Per giungere a ciò, è spesso necessario bivaccare all’aperto sulle cime stesse, il che permette di moltiplicare le emozioni da condensare nello scatto.

Col tempo la fotografia in sé ha assunto sempre più importanza al punto da condizionare la scelta delle mete, l’orario e la stagione di salita. Tale modo di operare impone uno studio dettagliato dei luoghi e soprattutto del punto ottimale di ripresa.

Preferisco il grandangolo al teleobiettivo, perché ritengo il primo più indicato a valorizzare l’originale veduta che un determinato punto di vista offre.

Ho sempre cercato di fotografare ciò che vede l’occhio, sia per quanto riguarda le forme che per i colori, prediligendo i soggetti illuminati dalla luce diretta, in modo da evitare quasi del tutto gli interventi in post produzione e comunque trasmettere a chi osserva la visione più naturale e realistica possibile.”

Il suo archivio fotografico spazia dalle Dolomiti Orientali a quelle Occidentali.

 

Antelao

Antelao

Antelao

Dati di scatto: 1/5 sec, ISO 100, f 10, obiettivo EF 17-40 f4, canon Eos 30D, cavalletto.

La prima foto ritrae l’Antelao, visto all’alba dalla cima Scotter, nel gruppo delle Marmarole. Si tratta di un’angolazione non scontata fornita da un luogo isolato che ha comportato uno dei bivacchi all’aperto di cui ho detto sopra. In questo caso ho preferito includere un primo piano per far capire all’osservatore che ero con i piedi ben piantati a terra e non su un aereo.

Pelmo

Pelmo

Pelmo

Dati di scatto: mosaico di tre foto verticali, 1/70 sec, ISO 100, f7.1, obiettivo EF 17-40 f4, Canon Eos 30D, mano libera. 

La seconda foto ritrae il Pelmo, visto dalla maggiore delle cime di Val d’Arcia. In questo caso mi ha soddisfatto in modo particolare il tentativo di cogliere in modo non banale una delle montagne più note e ritratte di tutte le dolomiti. Anche in questo caso la cura maggiore va alla scelta  dell’inquadratura alla quale intendo anzitutto affidare il compito di immedesimare l’osservatore nella situazione rappresentata.

Piz di Sagron

Piz di Sagron

Piz di Sagron

Dati di scatto: 1/200 sec, ISO 100, F7.1, obiettivo EF 17-40 f4, Canon Eos 30D, cavalletto. 

Quest’ultima foto esemplifica come particolari condizioni atmosferiche forniscano un valore aggiunto alla foto che già di per sé è caratterizzata dai luoghi e dalle ambientazioni che lo scatto riproduce. Siamo sul Piz di Sagron, nel gruppo del Cimonega, all’interno del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Al mare di nuvole sottostante, non poi così raro, si aggiungono compatte nuvole alte che arrivano da ovest. E’ un momento unico, in cui si è sospesi tra uno strato di nuvole e l’altro. La persona che ammira questo spettacolo, rappresenta l’aggancio con il mondo reale.

I GIGANTI BELLI E SCOMODI

Federico D’Ambros “Musashi.Bl”

Federico, giovane fotografo bellunese, è diventato noto agli appassionati di fotografia in rete con le sue raccolte di foto pubblicate sotto il nome d’arte di “Musashi.Bl”. Federico nasce prima come fotografo, e solo di recente inizia a frequentare la montagna, ma in breve recupera il tempo perso girando freneticamente le Dolomiti. Il suo è uno sguardo particolare, l’uso sapiente di obiettivi a diversa focale e la ricerca della luce giusta gli permettono sempre di scovare tagli originali e fornirci visioni nuove e accattivanti. Vediamo cosa ci dice di sé e della sua fotografia:

“Mi chiamo Federico, scatto foto da quasi 6 anni , ho conosciuto le Dolomiti poco più di un anno fa.
La montagna per me è stata una conseguenza della fotografia, la ricerca di luce e soggetti sempre più interessanti mi ha spinto ad avvicinarmi a questi giganti di pietra che fino ad allora conoscevo solo dal finestrino dell’auto. Mi sono reso conto ben presto che per ottenere buone fotografie che riflettessero le mie sensazioni dovevo metterci impegno e sacrifici, poiché gli orari migliori per fotografare sono pochi, brevi e soprattutto scomodi. Notti intere su per i sentieri, gelide attese nella neve, escursioni che si concludono senza fotografie perché magari la luce giusta non si è presentata sono solo alcuni degli aspetti di questa passione che mi ha dato finora tante soddisfazioni. Contemplare un’alba che esplode sulle valli o vedere le rocce colorate di rosso al crepuscolo che lasciano il posto a un cielo con milioni di stelle sopra di te sono emozioni che non puoi ignorare e che ti lasciano dentro la voglia di ritornare in cima ogni volta.

Dal lato tecnico, in breve direi che uso fotocamere digitali con sensore aps-c e svariati tipi di ottiche, dall’ultragrandangolo al tele a seconda della situazione e ovviamente non mancano filtri sulle lenti, quando necessario. Dedico poi molta attenzione alla post-produzione in quanto la ritengo una parte integrante della fotografia digitale, proprio come lo era la camera oscura per gli artisti del passato. Questo mi permette di riparare ad alcuni limiti dell’attrezzatura come il rumore o la gamma dinamica e migliorare la qualità generale e terminare la mia personale interpretazione dell’emozione che la natura mi ha regalato, fermo restando che il 90% dell’immagine te lo devi comunque sudare in fase di ripresa.”

 

Alba sul dirupo

Alba sul dirupo

Alba sul dirupo

Avevamo passato la notte sulla cima del Monte Serva, sopra Belluno, poco prima dell’alba alcune nuvole cominciarono a muoversi all’orizzonte. Volevo fotografare l’enrosadira sulle cime del versante opposto e temevo che quelle nubi mi avrebbero rovinato le foto, invece crearono un effetto molto suggestivo e mi regalarono un’alba spettacolare.

Panoramica ottenuta dall’unione di 8 scatti.

Cime Infuocate

Cime Infuocate

Cime Infuocate

Stavo facendo un giro sui colli vicino casa mia, poco dopo una nevicata…al crepuscolo gli squarci fra le nuvole permettevano di apprezzare l’imponenza delle pareti che circondano la Valbelluna…grazie al teleobiettivo ho potuto isolare questo scorcio sulle Dolomiti bellunesi.

Notte alle Cinque Torri

5 Torri

Notte alle Cinque Torri

Foto scattata intorno all’una di notte, mi stavo avvicinando all’attacco della ferrata sul monte Averau per salire in notturna e gustarmi l’alba dalla cima. A un certo punto della salita la via lattea era visibile a occhio nudo proprio sopra le Cinque Torri. La lunga esposizione ha permesso di accentuare l’effetto delle luci di Cortina riflesse sulle nuvole.

IL POETA DELLE PALE DI SAN MARTINO

Tommaso Forin

Tommaso è “il poeta delle Pale di San Martino”.

Classe 1965, vive la sua infanzia a Camposampiero, per poi spostarsi nella zona di Mestre dopo aver completato gli studi universitari.

Da sempre appassionato di informatica, coniuga inizialmente la passione per la montagna con il web, proponendo attraverso il suo sito http://www.passeggiando.it relazioni semplici e godibili delle escursioni che realizza. Sentiamo dalle sue parole come da questa sia scaturita poi quella per la fotografia.

“Man mano che passavano gli anni migliorava la mia tecnica fotografica, per passione e per fornire relazioni delle escursioni sempre più interessanti, cercando i momenti migliori della giornata. E’ così che ho preso a frequentare la montagna quasi sempre all’alba e al tramonto, cercando i momenti pieni di pathos quando il sole arroventa la dolomia come un maestro fabbro fa con il ferro per lavorarlo. Dal 2008 ho realizzato un mio calendario con foto di montagna e nel 2011, come conclusione di un percorso di ricerca, ho pubblicato il mio primo libro fotografico dopo averne curato la preparazione per tre anni: “Dall’alba al tramonto nel cuore delle Pale di San Martino”.

Mi autodefinisco un fotografo escursionista, in quanto l’obiettivo del mio lavoro fotografico è descrivere la montagna, nei suoi sentieri, colori, di giorno come all’alba e al tramonto. È per questo che durante le escursioni porto sempre le macchine al collo, per essere sempre pronto allo scatto. La fotografia non deve intralciare l’escursione, ma documentarla senza limitarla”. 

 

Tofana di Rozes

Tofana di Rozes

Tofana di Rozes

L’ escursione deve concludersi in vetta a una montagna, le mie fotografie lo testimoniano, come quella qui sopra. In particolare, per spiegare questa attrazione verso le cime, uso spesso questo pensiero:

“Quando sei a quell’altezza tu non sei più solo, sei così vicino al cielo che la sensazione è quella di farne parte, non sei più un uomo ma sei parte dell’Universo, ed ogni volta che ci pensi vivi la nostalgia di questa bella emozione”

Panorama delle Pale

Panorama delle Pale

Panorama delle Pale

Se la mia fotografia vive di questi particolari momenti vissuti sulle cime, la mia proposta fotografica gioca molto sul ruolo della panoramica, ampiamente dimostrato nel libro fotografico dedicato alle Pale di San Martino, ove tramite 20 foto panoramiche presento quel mondo di vette e rocce a molti sconosciuto nella sua ampiezza e complessità, facendo quasi assaporare la fresca aria che lassù si respira.

Sopra il mare di nubi

Sopra il mare di nubi

Sopra il mare di nubi

Vivendo la montagna spesso nascono degli scatti inverosimili, quasi di mondi lontani, di tumultuosi mari solcati da minacciose onde, mentre in realtà si tratta di minacciosi cumuli di nubi a bassa quota. Tali spettacoli si presentano a chi frequenta con frequenza la montagna, perché come spesso amo dire, la montagna non tradisce mai!

TUTTO COMINCIÒ CON UNA COMETA 

Davide Necchi

Davide è un fotografo milanese, l’unico “occidentalista” in questa nostra carrellata. Appassionato alpinista (è istruttore di alpinismo del CAI), ama in modo particolare la fotografia notturna; sentiamo il perché direttamente dalle sue parole.

“È tardi, tante volte mi son sentito dire queste parole la sera, ascendendo verso qualche cima, incrociando altri appassionati di fotografia. È forse tardi, per il tramonto, ma io arrivo dopo… per la notte!

Questa mia folle mania è giunta per caso, una gelida nottata di quindici anni fa ai piedi della Grignetta, osservando la cometa Hale Bopp. A quel tempo ero assolutamente incompetente riguardo qualsiasi concetto di fotografia, i pochi concetti me li avevano passati mio padre e il fotografo di fiducia (o per meglio dire lo sviluppa rapido sotto casa). Eppure una foto, per pura fortuna, venne! E tuttavia venne anche bene. Due giorni dopo iniziai pure il corso di alpinismo. E fu l’inizio della fine. Da allora iniziai a guardare il mondo in maniera differente, osservai, imparai le tecniche di base e iniziai a giocarci. Da quel gioco nacque una passione, che viaggiando di pari passo alla  montagna con il tempo inesorabilmente si tramutò in una serie di nottate passate nel fidato sacco a pelo, attendendo la luna o una nuvola al punto giusto… con al fianco l’altrettanto fidata compagna fotocamera.

Ovviamente, con il tempo, oltre a imparare mi sono dovuto necessariamente evolvere anche dal punto di vista dell’attrezzatura; la fotografia notturna è uno dei pochi casi in cui il mezzo tecnico ha una grande importanza!

Abbandonato il periodo della pellicola, passato il periodo delle compatte digitali, ormai l’unica strada percorribile è la reflex digitale.

Non mi dilungo in marche perché non mi è mai interessata la guerra di religioni, uso Canon perché ho iniziato così, quasi per caso e mi sono sempre trovato bene. Ma posso giurare che si possono ottenere ottimi risultati con qualsiasi marca attualmente sul mercato.

Il meglio come corpi per questa tecnica è il full frame, le dimensioni elevate del sensore permettono alte sensibilità con una qualità notevole d’immagine, io uso la Canon 5DII che, in casa Canon è il meglio per le notturne (ovviamente a maggior ragione la recente MKIII).

L’ottica è altrettanto importante e dev’essere il più luminosa possibile (f/2.8 o meglio), grandangolare per riprendere tanto cielo e permetterci tempi di posa elevati senza rendere evidente la strisciata prodotta dal movimento delle stelle (si, lo so, Copernico non sarebbe d’accordo, ma così è più facile da capire…).

 Il cavalletto è chiaramente d’obbligo e – importantissimo – dev’essere il più stabile possibile visto che i tempi di posa saranno ben altro che un’”istantanea” quantificandosi in secondi (e in alcuni casi minuti). Tempo fa, la mia schiena mi chiese di sostituire il glorioso Manfrotto in ghisa con un bel Gitzo in carbonio, una gioia per le articolazioni, un po’ meno per il portafoglio.

Di certo non un’attrezzatura semplice, purtroppo. La luce della notte è delicata da cogliere, non è lontanamente paragonabile al sole; è come dissetarsi con la rugiada. È tenue e contrastata, fredda e “silenziosa”. Ma nel momento in cui si cattura ci regala tantissimi colori e dettagli che i nostri occhi, abituati al giorno, faticano a cogliere. Ma fotografare la notte è in primis viverla, vivere la montagna nel suo momento più intimo, apprezzando, anzi cercando una situazione in cui la razionalità consiglierebbe di stare in tutt’altro posto…

E a volte, lo ammetto, è una bella lotta!”

 

Stelle e fulmini

Stelle e fulmini

Stelle e fulmini

Il temporale, spauracchio di ogni Alpinista, diventa un ottimo soggetto notturno, basta avere un po’ di pazienza per il momento giusto… e un rifugio dove ripararsi in caso di necessità. (Grignetta, Rifugio Rosalba). In questa foto la difficoltà maggiore è stata la pazienza nel continuare a scattare sperando di cogliere il fulmine, cosa avvenuta quando ormai di pazienza ne avevo ben poca! L’effetto arancione delle nuvole è dovuto alle luci della pianura che si riflettono. In questo casi avendo utilizzato un obbiettivo estremamente grandangolare (16mm) mi sono permesso un tempo molto lungo (30 secondi) che ha dato dinamicità alle nuvole rendendo più drammatica la scena.

Sul lago di Como

Sul lago di Como

Sul lago di Como

Il primo giorno del 2009 mi recai sulla vetta del Monte San Primo per cercare di realizzare una foto che rincorrevo da tempo, e finalmente l’anno nuovo mi concesse questo privilegio. La nebbiolina dorata delle luci e il soprastante cielo limpido mi hanno dato quello che cercavo. Anche in questo caso ho utilizzato un supergrandangolare luminoso (16 mm f/2,8) con una sensibilità più che onesta di 800 ISO e i soliti 30 secondi di posa. Malgrado le luci della pianura e la luna, grazie al forte vento gelido da Nord, le stelle sono apparse belle nitide! E mi sono preso l’influenza. Ma anche questo fa parte del gioco…

Notte sul Bianco

Notte sul Bianco

Notte sul Bianco

Sulla via dei Trois Mont Blanc, tanti alpinisti in coda, al terzo tentativo finalmente ho realizzato questo scatto. Di notte anche una “nullità” come è un alpinista nella vastità del Monte bianco diventa un soggetto  direi… appariscente! Foto scattata con un obbiettivo 100 mm f/2, ottimo per la luminosità che permette di utilizzare tempi brevi (<15 sec.) sempre per ovviare il problema della strisciata delle stelle. Essendoci la luna ad illuminare la scena, ho potuto limitare la sensibilità a 640ISO ottenendo quindi un’immagine poco rumorosa.

Andrea Gasparotto

E veniamo da ultimo al sottoscritto. Appassionato di alpinismo da sempre, da più di trent’anni giro le Alpi e in particolare le Dolomiti e i gruppi limitrofi come Lagorai ed Alpago, sia in estate arrampicando e camminando, che in inverno con gli sci da alpinismo. La fotografia è stata per diversi anni il semplice mezzo per fissare ricordi ed emozioni, senza particolari pretese “artistiche”. Da qualche anno, con la fotografia digitale, mi sono appassionato sempre più a questo mondo, e scattare è diventato ormai per me un modo di esprimere la mia creatività; non scatto solo in montagna e mi interessano e frequento diversi generi fotografici, ma la montagna resta uno dei miei soggetti preferiti. Col tempo però ho iniziato a cercare uno sguardo diverso, non più soddisfatto dalla semplice “riproduzione” del panorama circostante, per quanto bello e accattivante, specie se fotografato con la giusta luce. Il mio “occhio fotografico” voleva qualcosa di diverso, e quindi ho iniziato a ricercare tagli diversi, a individuare particolari e forme, a utilizzare la luce e le ombre per cercare di dar vita a immagini che esprimessero un significato al di là della pura rappresentazione. Questa mia visione si realizza in modo particolare nelle foto del paesaggio invernale innevato, scattate spesso durante le mie gite con gli sci in ambienti incontaminati di particolare bellezza. Il manto nevoso trasforma il paesaggio, generando forme dalle geometrie pure e colori forti e primitivi, con linee nette e profili arrotondati, la luce invernale spesso bassa e tagliente, l’aria particolarmente limpida e i contrasti particolarmente forti; in questa situazione il paesaggio si trasfigura, e mi consente di realizzare immagini particolari, spesso in bianco e nero o comunque con pochi colori nettamente definiti, dal sapore geometrico e grafico, quasi delle architetture naturali in cui i giochi di ombre sulla trama della neve diventano il soggetto forte della fotografia. In questi che a me piace definire “paesaggi dell’anima” l’uomo compare spesso come una piccola figura, inserita nel paesaggio quasi a dare il senso delle dimensioni e della grandiosità dell’ambiente che lo circonda, e a simboleggiare la mia idea e rappresentare le mie sensazioni di “immersione” nel paesaggio naturale incontaminato.

Proprio perché mi piace mantenere una sensazione di libertà e naturalezza nel mio modo di fotografare mentre mi muovo in montagna, prediligo un’attrezzatura non troppo ingombrante e pesante; utilizzo una reflex Nikon in formato APS-C, con un corredo di obiettivi dal grandangolare spinto fino al teleobiettivo, ma spesso monto uno zoom “tuttofare” che copre un range di focali abbastanza ampio e mi permette di scegliere e “isolare” rapidamente l’inquadratura giusta una volta che l’ho individuata. Do’ una certa importanza alla fase di post-produzione, ritenendola una vera e propria “camera chiara” che consente di estrarre il meglio dai file digitali che il sensore mette a disposizione; in questo ritengo che la fotografia digitale sia diventata molto “democratica”, consentendo a chiunque possiede un PC (e impari ad utilizzare correttamente gli strumenti digitali a disposizione!) di controllare tutto il processo di realizzazione e sviluppo di un’immagine, cosa riservata con la pellicola ai soli professionisti o quasi.

Due piccoli uomini

Due piccoli uomini

Due piccoli uomini

Questa foto ha avuto parecchia fortuna, avendo avuto diversi riconoscimenti e vinto un paio di premi in concorsi importanti, ed è diventata un po’ il mio “manifesto”. Scattata nella primavera del 2011 durante una escursione scialpinistica alla vetta dolomitica del Picol Vernel, ritrae due alpinisti impegnati a risalire con gli sci il versante Nord della Marmolada. In una pausa della mia salita, ho visto questi sciatori in lontananza, e con la massima focale a mia disposizione (105 mm, equivalenti a circa 160 mm in formato pieno) ho isolato questa scena in cui i contorni netti delle montagne, i forti contrasti e i colori puri fanno da cornice alle due piccole figure collocandole in un contesto quasi irreale, La luce radente mi ha permesso inoltre di esaltare la trama della neve conferendo profondità alla scena.

La traccia

La traccia

La traccia

Questa foto è stata scattata durante un’escursione sui monti dell’Alpago (provincia di Belluno), nell’inverno 2011. Il magnifico ambiente innevato dell’alta Val Salatis, tutto un susseguirsi di dune e avvallamenti, mi ha permesso di realizzare un’immagine in cui la traccia conduce l’occhio alla figura umana che si inoltra verso la cima, mentre alla sua destra prende forma un ambiente irreale che prende quasi l’aspetto di un deserto sabbioso. La focale grandangolare ha contribuito a dare un senso di grandiosità alla scena, mentre il bianco e nero “forte” mi ha permesso di accentuare i bellissimi giochi di luci e ombre e di dare “corposità” alla trama della superficie nevosa.

Parete Est

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Parete est

Un’altra foto fortunata, in tutti i sensi, sia perché ha avuto vari riconoscimenti, sia perché è stato davvero un colpo di fortuna trovarsi al posto giusto nel momento giusto per scattarla. Solo la concomitanza di un periodo di eccezionale stabilità del manto nevoso e di un raduno sul Monte Gronlait, nel gruppo dei Lagorai, ha fatto sì che la ripida parete Est fosse salita quel giorno da un gruppo così numeroso di scialpinisti, e che io mi trovassi sulla cresta di fronte nella posizione ideale per riprenderli. La focale adatta e la conversione in un bianco e nero deciso mettono in evidenza le forme particolari di questa montagna e contribuiscono al senso di stranezza complessivo dell’immagine, la fila di omini sembra arrampicarsi su una montagna fuori dal mondo, quasi lunare. Questa foto rappresenta al meglio la mia idea di fotografare in montagna d’inverno, ambientazione, presenza umana e senso grafico convivono perfettamente e danno origine ad un’immagine di sicuro impatto emotivo.

Testi di Andrea Gasparotto

Le foto sono degli autori citati

link:

Alberto Bregani
http://www.albertobregani.com/

Edoardo Brotto
http://www.facebook.com/EdoardoBrottoPhotography

Paolo Colombera
http://www.facebook.com/DolomitiUnaSolaMoltitudine

Federico D’Ambros “Musashi.Bl”
http://www.facebook.com/musashi.bl

Tommaso Forin
http://www.passeggiando.it

Davide Necchi
http://www.davnec.eu

Andrea Gasparotto
http://www.facebook.com/AndreaGasparottoPhoto

Alpine Sketches © 2013