PATAclimb, quando la toponomastica nasconde una crociata
di Stefano Lovison
L’etica alpinistica può trasformarsi in una religione con i suoi sacerdoti?
La toponomastica alpina – con i suoi nomi che per decenni hanno evocato sogni, drammi, tragedie – può essere cambiata all’improvviso, per l’arbitrio di un singolo?
La domanda sorge spontanea, consultando PATAclimb.com, il famoso portale dedicato all’alpinismo nella catena di Chaltén, Cerro Torre e Fitz Roy: e viene spontaneo anche chiedersi se Rolando Garibotti , grande alpinista e guru di queste montagne, non ne abbia fatto lo strumento di una crociata personale.
Certo, a nessuno verrebbe in mente di chiedere a Garibotti di non partecipare appassionatamente alle vicende che si svolgono sulle pareti della Patagonia. Garibotti gode di grande prestigio, e non vi è cordata che non si avvalga dei suoi consigli e dei suoi pareri alpinistici e tecnici. E’ molto attento non solo all’etica alpinistica ma anche alla salvaguardia di questi delicati ambienti, conscio dell’impatto antropico che anche una pubblicazione on line potrebbe avere. Ma soprattutto è un alpinista di valore che proprio qui ha firmato due tra le più dure e importanti imprese mai viste, con El Arca de los vientos sul Cerro Torre nel 2005 in compagnia di Ermanno Salvaterra e Alessandro Beltrami e la Grande Traversata delle Torri (Aguja Standhardt, Punta Herron, Torre Egger e Cerro Torre) nel 2008 con Colin Haley.
Ma queste credenziali sono sufficienti per decidere che quello che per decenni gli alpinisti di tutto il mondo hanno chiamato Colle della Conquista doveva cambiare nome e diventare il Torre-Egger Col?
Sull’affaire Maestri, Garibotti ha costruito un dossier puntiglioso che “annienta” la prima salita del 1959 al Cerro Torre, smantellando punto per punto la versione di Maestri e Fava, con un dibattito feroce – e famosissimo – che ha visto coinvolta tutta la comunità alpinistica mondiale. Pubblicato in AAJ nel 2004, il dossier precedeva solo di pochi mesi la realizzazione di El Arca de los vientos.
Ora che sul sito PATAclimb la salita di Egger, Maestri e Fava è definitivamente scomparsa, per essere elencata e relegata tra i tanti tentativi (Attempts to climb Cerro Torre from the north), si osserva che il toponimo Colle della Conquista è stato sostituito con un asciutto Torre-Egger Col, neologismo che è stato riportato e distribuito al mondo nell’occasione dell’ultima grande salita alla Torre Egger, da sud, da parte di una cordata norvegese.
La logica di Garibotti è chiara e a suo modo coerente: “although he never reached it, Maestri took the liberty to christen the col between Torre Egger and Cerro Torre col “della Conquista” (col of Conquest)”.
Ma quanti altri luoghi, valichi, piccole forcelle e grandi cime sono state nominate senza per questo essere stati calpestati, attraversati o saliti? In molti casi quei nomi hanno subito revisioni e reinterpretazioni toponomastiche, e il cambio di nome sarebbe un argomento di secondo ordine se però non si trattasse di una delle montagne più famose e ambite del mondo e la via, la Egger-Maestri del 1959, tra le più criticate e conosciute della storia dell’alpinismo.
Colle della Conquista: quanta storia e quanta epica, quanto romanticismo stanno dietro al nome di un luogo che da cinquant’anni evoca emozioni, sinonimo riconosciuto da tutta la comunità alpinistica di un sogno, di tragedia, di ambizione.
“Rolo” è consapevole della sua scelta drastica, e previene le contestazioni con una sfida. “Volete obiettare sul neo-toponimo?” dice, rivolgendosi alla chiassosa popolazione dei forum di montagna e degli armchairclimber: allora alzate il culo e andateci, sul Torre (1). Insomma, bisogna scalare il Torre per capire o al limite per ribattere punto su punto sul suo teorema anti-Maestri descritto in forma di vangelo in A mountain unveiled: a revealing analysis of Cerro Torre’s tallest tale.
Che a mio parere non sia necessario essere uno degli Stones per criticare la musica dei Beatles o essere dei grandi scrittori per disquisire su Dostoevskij lo dico subito (come dico con onestà che sul Cerro Torre probabilmente non avrò mai il modo e le capacità per poterci andare).
A questo punto, e seguendo questa logica di revisione toponomastica, ci chiediamo con una certa apprensione se non ci toccherà assistere a un cambio di nome anche per la punta Herron.
Con Bruno De Donà e Giuliano Giongo e con la loro salita in stile alpino della Torre Egger da est nel 1980 (2), Garibotti non è infatti più tenero. Avalla le valutazioni e i dubbi di Tomas Huber sul fatto che gli italiani possano essere stati veramente lì. E avalla i dubbi sul fatto che De Donà e Giongo siano saliti lungo la headwall, dove dicono di avere piantato dei chiodi a pressione, e che addirittura abbiano calpestato la vetta da loro stessi nominata Punta Herron? Il risultato è che la via italiana sembra inghiottita sotto il Col de Lux e la cresta nord venga ormai unanimemente chiamata Huber-Schnarf 2005. E, peggio, che nella sezione di PATAclimb che riguarda i toponimi (3) vengono ‘ignorati’ quelli che così la battezzarono in memoria di Phil Herron, cioè proprio De Donà e Giongo, mentre fuggivano dalla Torre Egger in piena tempesta (e avrebbero risalito i 60 metri verso quella punta allora innominata in una confusa e disperata ricerca di una via di salvezza).
Dopo la fine del toponimo Colle della Conquista dobbiamo aspettarci la rinomina anche di questa cima?
E vogliamo anche dire che il rigore di Garibotti produce degli effetti quanto meno discutibili: come quando in nome della purezza Colin Haley non si auto-aggiudica la prima solitaria al Cerro Pollone ammettendo di non avercela fatta per un paio di metri… pur avendo accarezzato, con la becca della piccozza un punto ad appena 40 cm dalla cima.
Un rigore che peraltro diventa insolenza quando Maestri viene trattato come un povero demente (Maestri’s insanity), dallo stesso Colin Haley nel suo blog Skagit Alpinism, che con precisione maniacale indica uno per uno i bolt della via del Compressore, una giovane star dell’alpinismo contro un uomo ormai vecchio che dopo mille battaglie tra le montagne e le polemiche, lotta per la sua salute.
Già. La Compressor Route, la Maestri ’70. Qui Garibotti dimostra il suo furore più acceso trattandola come via infame e nominandola provocatoriamente Compressor Via Ferrata. Come attrezzature e dotazioni alpinistiche consiglia solo un kit da via ferrata, qualsiasi esso sia: e il coraggio lo si può lasciare a casa.
Di sicuro Garibotti non fa nemmeno uno sforzo per contestualizzare al periodo le azioni di Maestri come alpinista e come uomo, quei 54 giorni di alpinismo invernale seguiti da altri ancora nell’autunno successivo, con congelamenti e l’uso di un compressore a combustibile che si dimostrò se non inutile, un’impresa nell’impresa, alla Fitzcarraldo.
Opinabili possono essere i pareri in merito allo stile e le motivazioni di Maestri che per certi versi possono definirsi indifendibili ma che fanno parte di quell’anarchia insita nell’andare in montagna e da sempre connaturato all’alpinismo.
E proprio per via di questa anarchia, di questa libertà, non si dovrebbe sindacare – tanto per restare sul Cerro Torre e Torre Egger – sulle vie ‘cantiere’ aperte in più stagioni, o quelle fatte interamente con le corde fisse, sul compressore, come pure sui box di alluminio.
Il confine che sta tra tradizione e innovazione, tra modernità e l’esperienza del passato è labile, e un giudizio etico severo non dovrebbe comunque esimerci mai dal rispetto, alpinistico e umano, nei confronti di chi ci ha preceduti.
Siano soltanto delle tracce invisibili nel vento della Patagonia…
Stefano Lovison
grazie a Marina Morpurgo per l’aiuto
Alpine Sketches 2012
La salita su ghiaccio dei norvegesi alla T. Egger è semplicemente la dimostrazione che la via Egger-Maestri può esistere, alla faccia di garibotti, che sembra l’unico che ci ha messo su il culo (anzi che vorrebbe essere l’unico AHAHAH).
Mi spiace per te, ma sei arrivato molto dopo, come altri, la strada era già aperta. E posso assicurare che a mio zio delle polemiche non può fregar di meno. Bel lavoro “A”. Saluti
Tutto ciò ha davvero il sapore di una crociata e i fondamentalismi, figli degeneri delle convinzioni, hanno sempre appiccato il fuoco là dove invece sarebbe stato meglio spegnerlo. Garibotti è un grande ma non il custode del Chaltén. L’Everest si chiama così, ma mister Everest ha solo misurato l’altezza del monte e da lontano per giunta…..
Bravo Lovison! Una bella abbassata al Garribotti.
Ottimo e opportuno il tuo intervento, Stefano.
È ovviamente necessario provare a dare un’interpretazione critica del passato alla luce delle “scoperte” (vere o presunte, tra l’altro…) più recenti, ma pensare di sovrapporsi in modo “scientifico” a nomi di luoghi che comunque già portano in sé tutto l’insieme delle vicende che li hanno determinati è solo una presunzione neoilluminista!
P.S.
pensate poi ai danni che questa pratica potrebbe fare (e già a volte fa…) alla toponomastica delle nostre città. 😉
La via Norvegese alla Egger é la prova che sotto incrostazioni di neve che Non
si sciolgono quando fa caldo il ghiaccio puo Eventualmente esserci. Cosi come sulla Headwall della via dei Ragni ,ma anche la prova che questi tiri sono comunque piu duri molte cascade di sesto grado.Sulla Nord quelle formazioni non ci sono mai state. Ci sono piu persone che sanno utilizzare la levitazione che alpinisti che sappiano salire tiri del genere col materiale del 59.
Grazie a Rolo per Pataclimb e per far si che la verita venga mantenuta,con buona pace per i creduloni.
se hai qualche foto di come era il torre nel ’59 tirala fuori, perchè la figura del credulone la stai facendo tu
Ho una foto della nord della Presanella,va bene lo stesso?
certamente, almeno si capisce come ragioni, tutto a posto grazie
la cosa bella è che se i norvegesi avessero assicurato solo sul ghiaccio, non avrebbero lasciato neanche un chiodo, e per il rolo tuo sarebbe tutto un fotomontaggio
a mio parere, cioè detto da un escursionista qualunque, un garibotti o un korra col materiale del ’59 e 50 anni di evoluzione in meno, sul torre difficilmente si alzavano, invece un Glowacz , un Gullich, un Egger magari sarebbero arrivati in cima. Al contrario dei creduloni, alcuni non dicono è impossibile se non ne sono sicuri
Cari amici, è mia intenzione non moderare alcun intervento, ogni opinione è bene accetta, anche se di critica serrata ma vi prego di non acuire flame non in tema con gli argomenti di fondo. Grazie!
Stefano Lovison
Bel post. Condivido. Purtroppo si sta trasformando, nei commenti,ancora una crociata pro / contro la maestri-egger, e non mi pare che questo fosse lo spirito del post.
forse, ma per Garibotti anche la Egger-Maestri è stata sostituita da l’arca de los vientos, se non erro
Il fatto è che la storia è risaputa, e ognuno ha potuto farsi (e anche, giustamente, non farsi) un’opinione. E di quella della storia fa parte anche il nome “Colle della conquista”, senza per questo certificare che la conquista sia avvenuta poi davvero, con buona pace dei ri-nominatori.
P.S.
e perché poi cancellare la memoria della quasi patetica retorica che quel nome (come molti nomi del passato) porta con sé? Non vale la pena di “capire” il passato proprio per cercare (sempre comunque salendo sulle spalle di chi è venuto prima) di fare un po’ meglio, di essere almeno più leggeri nella conquista dell’inutile?
Il commento di Garibotti sulla via del compressore che si può leggere nella pagina di PATAclimb riportata in testa al bel pezzo di Stefano Lovison dà una misura sufficiente del livello spropositato raggiunto dal suo ego. Uno che scrive cose del genere mette seriamente a repentaglio la propria credibilità come commentatore di cose di alpinismo, quale che sia il suo indiscusso valore come alpinista.
Chissà cosa pensano del commento di Rolo gli inglesi (non ricordo i nomi, ma erano tra il meglio dell’alpinismo britannico dell’epoca) che nei primi anni settanta andarono a tentare la prima ripetizione della via del compressore e tornarono indietro poco oltre la metà della via. Manco capaci di salire una ferrata…
Per la precisione, con riferimento al mio commento qua sopra sul primo tentativo di ripetizione della via del compressore.
Era un gruppo misto inglese-svizzero; Leo Dickinson, Eric Jones, Cliff Phillips, Hans Peter Trachsel, Gordon Hibberd e Pete MInks, dicembre 1971/febbraio 1972.
Bravo Stefano,
condivido tutto quello che hai scritto, nei contenuti e nei modi.
Reblogged this on Alpine Sketches.
Saludos amigos italianos y valiente alpinistas yo soy Gisela, la mujer del señor Rolo, y yo quiero rengraciar a vosotros de Alpine Sketches, e en particolar el señor Lovison porque ha descobierto que quel grupo de cabrones patagonicos amigos del mio marido se ne van en giro faciendo muchos daños.
Estos cabrones en el loro furor contra los clavos m’han destruto mi casa, stacando todos los quadros e anco los mobiles de la mi cucina porque diceban que yo avevo usado el trapano Black & Decker, que loro llaman “el compresor” (yo no soy porque) – y quando loro vedono el compresor devientano todos rojos en la facia e furente como toros.
Cabrones maldidos, los mobiles de Ikea non es posible de atacar de nuevo e los quadros non stan su con el vinavil.
Yo soy francamente alterada por questo gesto da hombres disgraciados y mucho prepotientes, y lo quierevo racontar al señor Lovison.
Simpatica!
Detto da un modesto alpinista: che bisogno c’è di rivedere, revisionare, rivisitare, ribattezzare di continuo? A me sembra indice di una mancanza di fantasia, per non dire di eccessivo zelo iconoclasta. Se si hanno fiato e gambe (mi verrebbe un termine spagnolo un po’ piccante, ma sono nuovo qui…) si vada a dimostrare quel che si sa fare cercando ciò che non è stato ancora fatto – ripetizioni volute – altrimenti ci si dedichi al modesto cabotaggio, come tenta di fare il sottoscritto. Sarann solo nomi appiccati a rocce e ghiaccio, certo, ma anche un semplice nome suscita ben emozioni -Il Nome della Rosa docet!
Più che Talebani li chiamerei “emeriti stronzi”. Se fossi il Presidente dell’Argentina vieterei a questi “signori” l’ingresso nel paese vita natural durante. Ma chi si credono di essere? Solo perchè pensano di arrampicare (forse) un po’ meglio degli altri si permettono di distruggere un importante pezzo della storia dell’alpinismo, vera o falsa che sia! Me li immagino: attaccati agli stessi chiodi di Maestri per tirarglieli via. Penoso solo a pensarci. Se l’hanno fatto per farsi pubblicità ci sono riusciti benissimo, ma solo in modo negativo. Allora cacciamoli via dalle montagne, diffidiamoli dal ripetere altre vie storiche in qualunque luogo del mondo, ma soprattutto ignoriamo qualsiasi impresa che dovessero compiere, fosse anche la più estrema, perchè chi non ha rispetto per gli altri non merita il rispetto degli altri.
Sono pericolosi. Mi associo a quanto detto da Carlo: dobbiamo proprio CACCIARLI VIA DALLE MONTAGNE!
Approvo tutto!
Approvo appieno